Skip to main content

Storia

La Venerabile Compagnia dei Quochi

La Venerabile Compagnia dei Quochi è dedicata a San Pasquale Baylon, patrono universale dei Cuochi. Dal 1500 ha svolto a Firenze una benemerita ed intensa attività di promozione spirituale, culturale e sociale, prima presso la Chiesa di San Salvatore in Ognissanti e poi presso la Chiesa di Santa Margherita dei Cerchi.

Nell’anno 2019 questa antica e gloriosa confraternita è stata formalizzata in un’associazione in linea con le regole attuali.

Tra gli scopi principali, vi è in particolare la ricerca sulle fonti storiche relative alle origini della Compagnia e in generale lo studio e la salvaguardia della nostra cultura alimentare tradizionale.

In tempi più moderni, gli scopi si sono ampliati, in linea con le necessità ed i cambiamenti sociali, contemplando: tutela del patrimonio enogastronomico italiano, cultura del mangiar sano e lotta agli sprechi alimentari.

C’è una lapide seminascosta nella piccola chiesa di Santa Margherita dei Cerchi a Firenze, nota a molti e soprattutto a tante giovani coppie in cerca di romanticismo come la chiesa di Dante e Beatrice.

Una lapide invisibile a chi non ne conosce l’esistenza, dedicata ai fratelli della Venerabile Compagnia dei Quochi. Un nome altisonante, anche per quella originale lettera Q che rimanda direttamente all’epoca della sua fondazione, cioè il ‘500 fiorentino. Erano ancora anni buoni per la città, nonostante la scomparsa di Lorenzo il Magnifico.

E qui si ritrovavano artisti, letterati, ma anche scienziati dell’epoca. Nacque proprio da un ristretto cenacolo formato da alcuni di loro la Compagnia, come senso di appartenenza a una comunità che amava discutere di arte e filosofia, di cultura in presenza di un buon cibo. Usavano ritrovarsi a tavola, almeno si dice, per proporre ciascuno la sua ricetta. Del resto si sa che alcuni di loro erano appassionati di cucina, come lo fu lo stesso Leonardo da Vinci.

Tra loro c’era anche un certo Mariotto Albertinelli, artista cresciuto nella bottega di Cosimo Rosselli, che nella sua maturità diede sfogo proprio alla passione gastronomica aprendo addirittura, come ricorda il Vasari, una osteria fuori della porta di San Gallo e un’altra taverna al ponte Vecchio al Drago.

Fu forse qui che la Confraternita cominciò a riunirsi, per sposare l’arte della cucina, che si nutriva della vita, a quelle altre più nobili arti che però, secondo Bertinelli, la vita la imitavano soltanto. Nata laica, la Venerabile Compagnia dei Quochi trovò poi come protettore e nume tutelare San Pasquale Baylon, considerato il protettore universale dei cuochi. Tanto che nella chiesa in cui sopravvive un’immagine del santo, cioè San Salvatore in Ognissanti, se ne trova un riferimento. A due secoli più avanti, nel 1764, corrisponde una bolla del vescovo di Firenze, che attribuisce alla Compagnia l’uso della chiesa di Dante, dove si cela appunto il sepolcro.

Una storia affascinante dunque, che ci racconta di una tradizione andata avanti a lungo, più volte nel tempo sospesa e poi ripresa, in cui quasi per caso si imbatte Angelo 

Mazzi, di professione cuoco, ma anche appassionato di storia e di cultura, che decide di fare altre ricerche. Fino ad arrivare a quello che per ora è l’ultimo documento riscoperto, cioè un testamento del 1808 in cui una baronessa rimasta vedova concede in comodato d’uso il proprio palazzo per custodire lo stendardo ufficiale della Compagnia. Stendardo poi andato perduto. Da allora niente si è più saputo. Ma nel 2003 è proprio Angelo Mazzi a decidere, assieme a un gruppo di amici: artisti, letterati, ma anche uomini di scienza e di storia, di ridare vita alla Venerabile Compagnia dei Quochi, che riprende corpo et anima nel 2019. L’obiettivo se possibile vorrebbe essere quello originale: promuovere la tradizione gastronomica, in un cerchio magico in cui si inseriscono gli aspetti artistici e culturali, ma anche quelli più moderni legati alla scienza dell’alimentazione e al mangiar sano.

Le ricerche storiche intanto proseguono, anche per capire chi facesse parte di quel primigenio cenacolo, quali artisti usassero ritrovarsi attorno a un desco per conversare tra loro, senza dimenticare però che la Compagnia aveva come precetto anche quello di aiutare gli umili, fare insomma beneficenza.